Il regime patrimoniale legale in Italia è quello della comunione legale dei beni. Tuttavia, il regime della comunione legale, per volontà concorde degli sposi, può essere opportunamente derogato al momento della celebrazione del matrimonio, con conseguente annotazione a margine dello stato civile che i coniugi hanno scelto il regime della separazione patrimoniale. Una scelta analoga può essere fatta anche successivamente alla celebrazione del matrimonio, con atto avente la forma di atto pubblico (redatto cioè dinanzi ad un notaio).
Fanno parte della comunione tutti quei beni che sono stati acquistati congiuntamente o separatamente dai coniugi dopo il matrimonio. Essi appartengono in parti uguali al marito ed alla moglie. Specificamente, ricadono in comunione: gli acquisti compiuti dai coniugi dopo il matrimonio; le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio; gli utili ed incrementi di azienda di proprietà di uno solo dei coniugi anteriormente al matrimonio, ma gestita da entrambi; i risparmi dei coniugi.
Mentre sono esclusi dalla comunione i seguenti beni: beni di cui il coniuge era titolare prima del matrimonio; beni acquistati da un coniuge per successione o donazione (salvo non sia espressamente dichiarato che sono attribuiti alla comunione); beni di uso strettamente personale; beni che servono all‘esercizio della professione; beni ottenuti a titolo di risarcimento danni; pensione per la perdita totale o parziale della capacità lavorativa; beni acquistati con il prezzo del trasferimento di altri beni personali o con il loro scambio, purchè espressamente dichiarato.
I coniugi in regime di comunione legale dei beni possono agire con poteri disgiunti per il compimento di atti di ordinaria amministrazione, per quelli di straordinaria amministrazione devono, invece, agire congiuntamente.
Il mantenimento dell‘ex coniuge in seguito a separazione
Al momento della separazione, qualora uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri e la separazione non sia a lui addebitabile per colpa, il giudice può stabilire che l‘altro coniuge corrisponda un assegno di mantenimento. Valutate le circostanze caso per caso, l‘assegno deve garantire a chi lo riceve di godere dello stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, sempre che il coniuge obbligato si trovi effettivamente nella condizione economica di poterlo versare. In caso di inadempimento, su richiesta del beneficiario, potrà essere disposto il sequestro di parte dei beni dell‘obbligato, oppure potrà essere ordinato a terzi (es. al datore di lavoro del coniuge obbligato) il versamento della somma dovuta. Il provvedimento con cui il Giudice dispone la corresponsione dell‘assegno di mantenimento può in ogni tempo essere modificato o revocato qualora vi siano giustificati motivi o intervengano fatti nuovi.
L‘affidamento dei figli
L‘affidamento dei figli, in caso di separazione, è oggi disciplinato dalle norme introdotte con la Legge n. 54/2006. Il principio fondamentale è che, in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Pertanto, in sede di separazione e salvo diverso accordo tra i coniugi, il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori (affidamento condiviso) oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati (affidamento esclusivo), sempre e comunque considerando l‘esclusivo interesse della prole. Il genitore non affidatario è tenuto a versare un assegno di mantenimento per la prole.